MEMORIE ANTIRICICLAGGIO-Il ruolo dell’avvocato

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Scrivere le memorie antiriciclaggio a propria difesa, dopo un verbale di contestazione della Guardia di Finanza

Negli ultimi anni, il contrasto al riciclaggio ha visto l’incessante introduzione di nuove normative da parte del legislatore, accompagnate dall’emanazione di regolamenti tecnici e linee guida più recenti da parte degli organismi di autoregolamentazione delle diverse categorie coinvolte. Questa serie di regole spesso genera confusione nella loro applicazione specie tra i professionisti, primi tra tutti i commercialisti, i quali devono rispettare obblighi che richiamano a volte quelli imposti agli istituti di credito, ma senza disporre di analoghe risorse e strumenti automatizzati che lasciano poco spazio a errori umani, oltre a dover compiere un’attività di controllo costante non limitata al monitoraggio dell’utilizzo degli strumenti di pagamento e incasso.

Il riciclaggio di denaro, secondo la definizione presente nell’art. 648-bis del codice penale, è il reato compiuto da chiunque si occupi di sostituire o trasferire denaro, beni materiali o altri asset di provenienza criminale, o effettui altre azioni per nasconderne l’origine illecita, rendendo così difficile l’identificazione di tali risorse.

Questo reato è distinto dalla ricettazione, prevista dall’articolo 648 c.p., in quanto nel caso del riciclaggio si mira a rendere meno tracciabile l’origine illecita delle risorse, mentre la ricettazione riguarda principalmente l’appropriazione di un bene da parte di un individuo diverso dal legittimo proprietario. Questi due reati comportano punizioni diverse e a volte possono risultare di difficoltosa distinzione.

Nel nostro Paese, la legge in materia è il D.Lgs. n. 231 del 2007, insieme alle regole tecniche (che hanno valore di legge) e alle linee guida rivolte a semplificare gli adempimenti, approvate dagli organi di autoregolamentazione, in base alle specifiche responsabilità che coinvolgono i singoli professionisti iscritti.

I controlli per verificare la conformità alle norme antiriciclaggio negli studi professionali sottoposti a sorveglianza, sono eseguiti dalla Guardia di Finanza, su delega del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria. Tali verifiche sono originate, spesso, da segnalazioni provenienti dall’unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d’Italia, che esamina le comunicazioni che devono essere effettuate dai soggetti obbligati quando rilevano comportamenti sospetti da parte dei clienti. La maggior parte delle segnalazioni trae origine dai notai e dagli intermediari finanziari.

I militari effettuano le ispezioni, è superfluo specificare senza alcun preavviso, presso gli studi professionali solitamente definendo tali controlli come “di iniziativa”, senza specificare i motivi sottostanti; tale inciso, che viene annotato nel verbale, non deve far ritenere l’interessato che questi controlli siano casuali, in quanto difficilmente è così, essendo al contrario solo la parte terminale di un lavoro di intelligence svolto dagli operanti in precedenza.

L’indagine ha inizio, nei casi più diffusi di controllo, con la richiesta di documenti legati alla compliance antiriciclaggio, riguardanti i clienti per cui il professionista gestisce le scritture contabili e registrati come suoi depositati presso l’Agenzia delle Entrate. Successivamente, la verifica continua in caserma, dove è possibile che vengano richiesti ulteriori documenti e spiegazioni. Questa attività, che di solito si protrae per più di un mese, giunge a conclusione con la notifica brevi manu del processo verbale di contestazione, che evidenzia gli articoli di legge presumibilmente violati, con specificazione delle sanzioni minime e massime applicabili. Non è raro il caso di contestazione della violazione dell’obbligo di segnalazione operazioni sospette (la fattispecie più grave), congiuntamente a quelli di mancata adeguata verifica e di conservazione dei documenti. Purtroppo, spesso, l’interessato non ha la preparazione per poter comprendere la gravità di ciò che gli si prospetta con tali rilievi.

Qualora il professionista si rifiutasse di firmare o ricevere una copia dell’atto, questo verrebbe comunque considerato notificato in base all’art. 138 co.2 del Codice di procedura civile. Il soggetto sottoposto a verifica, ha quindi trenta giorni per presentare le proprie memorie difensive antiriciclaggio al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e può richiedere di essere ascoltato, anche se questa domanda ha l’effetto di prolungare di sei mesi il termini per la notifica dell’ordinanza ingiunzione da parte del Ministero.

Una buona difesa deve iniziare già all’atto del primo accesso da parte dei militari, in quanto i verbali giornalieri formano prove che successivamente risulta difficile “demolire” in giudizio, se non con querela di falso (con esiti favorevoli assolutamente improbabili); da recenti sentenze il Tribunale ha ritenuto infatti di non potersi esprimere sull’operato dei militari in sede di accesso, essendo l’oggetto dell’impugnazione esclusivamente l’ordinanza ingiunzione. Tale circostanza è comprensibilmente ignota al commercialista che, colto di sorpresa psicologicamente coinvolto, rilasciare dichiarazioni che lo condannano inesorabilmente.

Le memorie antiriciclaggio devono dettagliare le circostanze del caso, spiegando le ragioni per cui viene richiesta l’archiviazione del processo verbale o, in alternativa, la riclassificazione dell’accusa come illecito di gravità inferiore, o ancora, la richiesta di una sanzione amministrativa ridotta in conformità alla legge. Tutti gli elementi ritenuti utili per una corretta analisi dei fatti devono essere allegati alla memoria difensiva.

Il processo verbale di contestazione, insieme ai verbali giornalieri e ai documenti correlati, viene inviato dai militari al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che è responsabile dell’emissione del decreto sanzionatorio o dell’archiviazione nell’arco di due anni dal ricevimento della documentazione.

Esaminare a fondo un argomento così vasto e complesso è una sfida, poiché ogni caso è unico e richiede una strategia difensiva specifica. Pertanto, quando necessario, è evidentemente consigliabile consultare, quanto prima e senza attendere il PVC finale, un avvocato che conosca adeguatamente la normativa di settore, meglio se iscritto anche all’albo della categoria interessata (esempio dottore commercialista), che possieda la conoscenza e l’esperienza necessarie per identificare eventuali incertezze normative celate dietro le accuse formulate dagli organi di vigilanza, senza confidare nel risparmio che talvolta possono offrire le più variegate “strutture” che si occupano dell’argomento. 

Per la difesa antiriciclaggio un avvocato è in grado di redigere memorie difensive professionali rivolte al MEF, che costituiscono il primo passo nell’affrontare le accuse formulate dagli operanti, oltre ad essere la base per un buon ricorso che si rendesse necessario presentare successivamente.

A conclusione dell’istruttoria, il Ministero procede con l’auspicata archiviazione o con l’emissione del decreto sanzionatorio. In caso di sanzione, il professionista ha trenta giorni per richiedere uno sconto pari ad un terzo del totale richiesto o impugnare il provvedimento davanti al Tribunale della capitale. Se la violazione riguarda l’uso di denaro contante, l’impugnazione deve essere presentata al Tribunale competente territorialmente.

Sul sito avvocato antiriciclaggio è possibile trovare una vasta raccolta di normative, esperienze e sentenze commentate.