Come recentemente pubblicato da varie testate giornalistiche, la guardia di finanza di Avellino ha intrapreso una serie di controlli finalizzati alla verifica della corretta e puntuale effettuazione degli obblighi posti a carico dei professionisti che si sono occupati di apporre il visto di conformità relativamente alla fruizione del super bonus del 110 % in edilizia. Nello specifico, i militari hanno focalizzato la loro attenzione su alcuni studi professionali, anche di consulenza del lavoro e non solo di commercialisti; il consulente del lavoro, in base alla vigente normativa, è infatti un soggetto abilitato al rilascio del visto relativo alle pratiche del 110 %. È noto che il consulente del lavoro, nel momento in cui effettua esclusivamente attività prevista dalla legge 12/79 ossia la sua attività propria di predisposizione e trasmissione di tutte le dichiarazioni afferenti la consulenza del personale, non è tenuto ad effettuare l’adeguata verifica della clientela; diversamente, qualora il consulente del lavoro si occupi anche di contabilità e apposizione del visto sulle pratiche relative al super bonus anche il menzionato professionista è tenuto agli adempimenti previsti dalla normativa antiriciclaggio.
Nel caso specifico, la guardia di finanza ha contestato, presumibilmente, entrambe le violazioni sanzionate dagli articoli 56 e 57 del decreto legislativo 231/2007 e successive modifiche e integrazioni. La stampa “generica”, in seguito a notizie ottenute, ha indicato “l’irrogazione” di sanzioni che potrebbero variare da 5.000,00 a 100.000,00 euro; entrando nello specifico, come avvocato antiriciclaggio che ha avuto esperienze in materia, è opportuno precisare che questo tipo di sanzioni non possono che far riferimento all’imputazione, da parte dei militari, di comportamenti ritenuti di maggiore gravità e riferite alla simultanea contestazione di quanto previsto dell’articolo 56, co. 2, riguardante l’adeguata verifica e dall’articolo 57, co. 2, concernente l’obbligo di conservazione dei documenti. L’articolo 56 co. 2 prevede una sanzione variabile da 2.500,00 a 50.000,00 euro, mentre l’articolo 57, sempre al co. 2, prevede lo stesso trattamento punitivo. Sommando rispettivamente i minimi e massimi si ottiene quanto riportato dai giornali, ossia sanzioni variabili da 5.000,00 a 100.000,00 euro.
Nel caso di presunta omessa segnalazione di operazioni sospette di carattere grave, l’art.58 co.2 prevede infine che la sanzione si applichi da 30.000,00 a 300.000,00 euro; ricorrendo tale fattispecie in contemporanea con quelle precedenti, qualora questa sia dovuta a carenza di adeguata verifica o conservazione, all’inosservanza degli obblighi di segnalazione di operazione sospetta, di adeguata verifica e di conservazione si applicano unicamente le sanzioni previste dall’ art.58.
È importante notare che l’attività di vigilanza, nel caso specifico, è stata intransigente rispetto a quelli che sono gli obblighi previsti per le categorie professionali interessate, infatti la contestazione simultanea dell’art. 56 e dell’art. 57 comporta la duplicazione delle sanzioni relative.
È evidente che ove non sia stata effettuata l’adeguata verifica prevista dall’art.56, sia contestabile anche la carenza della conservazione relativa alla documentazione prevista, perché inesistente.
Ai fini della difesa, mentre l’illecito sanzionato dall’articolo 56 può trovare a favore del professionista il termine di prescrizione di cinque previsto dalla legge 689/81, per quanto concerne l’art.57 relativo alla mancata conservazione documentale, invece, ai fini della prescrizione si applica il d.lgs.231/2007 il quale, all’art.31 co.3 prevede che i documenti, i dati e le informazioni acquisiti debbano essere conservati per un periodo di 10 anni dalla cessazione del rapporto continuativo, della prestazione professionale o dall’esecuzione dell’operazione occasionale.
In una recente sentenza il tribunale della capitale, che e l’organo competente nella decisione dei ricorsi avverso le sanzioni irrogate dal ministero economia e finanze in seguito a segnalazione da parte dei militari, si è espresso a sfavore di un consulente del lavoro confermando la sanzione applicata dal ministero; il professionista non aveva adempiuto agli obblighi di adeguata verifica nei confronti di clienti per i quali aveva fornito prestazioni identificate nelle fatture come “consulenza aziendale” non meglio specificata, la quale non può fuggire agli obblighi prescritti dalla normativa antiriciclaggio.
Giovi ricordare che, da esperienze vissute, l’accesso dei militari non è mai immotivato, ma deriva da probabili comportamenti anomali della clientela seguita dal professionista, come ad esempio irregolarità nelle movimentazioni bancarie o dalla necessità di appurare la corretta attività di adeguata verifica preliminare all’apposizione del visto di conformità in relazione al super bonus 110 %.
È opportuno infine rammentare che, avverso i rilievi degli operanti, una puntuale, tempestiva e pertinente predisposizione di memorie difensive indirizzate al Mef possa ottenere come risultato sperato che “nessun provvedimento sia adottato nei confronti del soggetto ispezionato”.