Interpretare correttamente il processo verbale di constatazione, dopo la notifica da parte della Guardia di Finanza.
I professionisti sono sempre più soggetti a verifiche della Guardia di Finanza che, oltre alla mancata segnalazione circa l’utilizzo del denaro contante da parte dei clienti di studio che eccede la soglia di legge, può contestare la presunta inosservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela, di conservazione dei relativi documenti e, ben più gravi, di mancata segnalazione di operazione sospette.
Per quanto attiene gli obblighi di adeguata verifica e di conservazione, il D.lgs. 231/2007 individua, agli art.56 e 57, due distinte fattispecie tipiche:
1.Quella “base”, cui si applica la sanzione nella misura fissa di € 2.000,00;
2.Quella “qualificata”, il cui importo dalla relativa sanzione è compreso tra un minimo, di € 2.500,00, e un massimo di € 50.000,000.
Per quanto attiene la sanzione qualificata, la notevole differenza tra gli estremi indicati è motivata in virtù della presenza, alternativa o cumulativa, della constatazione di un comportamento: “grave”, “sistematico”, “plurimo” e “ripetuto” delle violazioni.
È da notare come il termine di prescrizione sia differente per gli illeciti contestati ai sensi dell’art. 56, ossia cinque anni dalla commissione della violazione ai sensi della L.689/81, rispetto al termine decennale previsto per gli obblighi di conservazione, come invece stabilito dal D.lgs.231/2007 e s.m.i., sanzionato ai sensi dell’art.57.
Al fine di individuare quale sia l’importo della sanzione da applicare al caso concreto, il Ministero delle finanze ha emanato una Circolare che si occupa dei criteri circa l’applicazione delle sanzioni all’interno del range indicato; questa lo fa stabilendo intervalli: € 2.500,00 – € 15.000,00/ € 15.000,00 – € 30.000,00/ € 30.000,00 – € 50.000,00, dentro i quali che si deve collocare la sanzione da irrogare; essi non hanno pari ampiezza perché sono stati attribuiti valori diversi agli elementi che li determinano.
Per quanto riguarda le contestazioni circa l’omessa segnalazione di operazioni sospette, l’art.58 del D.lgs.231/2007 prevede, invece, una sanzione fissa pari a € 3.000,00 al comma uno, mentre per le violazioni “qualificate” previste al successivo comma due dello stesso articolo la sanzione può variare da € 30.000,00 a € 300.000,00. La norma è stata modificata dall’entrata in vigore del D.lgs.90/2017, valido dal 04.07.2017, in quanto, precedentemente, la violazione era punita in misura proporzionale, ossia “fino” al 40% dell’importo corrispondente all’operazione sospetta non segnalata; tale modifica comporta la necessità di verificare, per le violazioni commesse prima del quattro luglio 2017, quale sia nello specifico la sanzione più favorevole al presunto responsabile.
Sia gli art.56 e 57, come anche l’art.58, in caso di violazione qualificata concedono ora la facoltà di scelta al MEF della sanzione da applicare al caso concreto; questa rimane, pertanto, una valutazione discrezionale da parte dell’organo amministrativo, priva di valenza di legge, in quanto l’autorità giudiziaria, in seguito a ricorso, potrà ovviamente stabilire quello che ritiene più opportuno si debba applicare al caso concreto, compreso anche l’annullamento della sanzione irrogata.
In tale contesto si colloca una recente vicenda che ha coinvolto un commercialista, al quale era stata irrogata dal Ministero un’ingente sanzione per omessa segnalazione di operazioni sospette.
L’accesso della Guardia di Finanza era finalizzato alla verifica della corretta applicazione della normativa antiriciclaggio; i militari avevano contestato la presenza di operazioni anomale non segnalate da parte del professionista interessato; il MEF aveva irrogato la sanzione “grave” prevista dall’art.58 comma due D.lgs.231/2007. Contro la relativa ordinanza ingiunzione, il professionista presentò ricorso.
Le prime eccezioni, che non vennero accolte dal Giudice, riguardavano l’avvenuta prescrizione degli illeciti.
Passando al merito della vertenza, si eccepiva che gli operanti avevano sequestrato svariati documenti di pertinenza dei clienti in osservazione: estratti conto dei rapporti bancari, visure storiche della camera di commercio, fatture attive e passive, dichiarazioni fiscali, corrispondenza, email.
Da tali documenti era emersa, a giudizio dei militari, la responsabilità del professionista. In seguito, secondo il Ministero, il cliente avrebbe dovuto essere segnalato, avendo effettuato “operazioni sospette”, ai sensi dell’art.41 d.lgs.231/2007, in quanto caratterizzate da evidenti e incontestabili elementi di anomalia enunciati nel D.M. Giustizia 16/4/2010.
Secondo il Ministero, si trattava di condotta gravemente omissiva in presenza di dati fattuali connotati da plurimi indicatori di anomalia.
Con riferimento alle eccezioni di merito del provvedimento, il ricorrente lamentava l’infondatezza delle contestazioni mosse, oltre all’inosservanza del principio del favor rei che avrebbe comportato, in caso di effettiva sua responsabilità, l’applicazione di una sanzione notevolmente inferiore a quella indicata nel decreto impugnato.
Le eccezioni furono tutte respinte dal Tribunale, tranne l’ultimo motivo di opposizione riguardante l’ammontare della sanzione irrogata; questa era già stata comminata dal Ministero secondo il principio del favor rei, nella misura più favorevole prevista dal d.lgs.90/2017 che ha modificato il d.lgs.231/2007; secondo il Giudice era sicuramente una violazione di natura qualificata, in quanto l’omessa segnalazione era caratterizzata da indubbia gravità. Il Giudice ritenne, tuttavia, di concedere un notevole sconto sulla sanzione che era stata irrogata dal Ministero.
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