SCIA e DIA: le differenze

Ottenere in passato la denuncia di inizio attività significava aspettare almeno 30 giorni dopo la presentazione della DIA alla Pubblica Amministrazione. Quest’ultima aveva poi il compito di fare i dovuti controlli necessari e in caso di mancati requisiti o presupposti, cominciare delle azioni consequenziali.

Qualche anno fa però, con il D. Lgs. n. 59/2010 è nata quella che tuttora è  la distinzione tra DIA e SCIA. L’art. 49, comma 3 bis, del  decreto ha sostituito la dichiarazione di inizio attività con la segnalazione certificata di inizio attività, alias SCIA.

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La DIA

La DIA, o Denuncia di Inizio Attività in edilizia, riguarda le opere per le quali non basta presentare una SCIA interessando quindi gli interventi di ristrutturazione che hanno lo scopo di dare vita ad un edificio più o meno diverso dal progetto originale.

Essa può inerire anche agli interventi di nuova costruzione e le ristrutturazioni urbane . Gli interventi che necessitano della DIA sono:

  • Gli interventi che portano alla creazione di un organismo edilizio diverso dall’originale, con aumento delle unità immobiliari;
  • Gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia o di ristrutturazione urbanistica tra cui gli accordi negoziali hanno valenza di piano attuativo;
  • Gli interventi di nuova costruzione se c’è diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali legati a precise disposizioni plano-volumetriche;
  • Gli interventi per i quali le varie leggi regionali necessitano di ricorrere alla DIA in alternativa o per sostituire il permesso di costruire

La SCIA

La SCIA permette invece il subitaneo inizio dell’attività denunciata, con un onere maggiore in merito alla documentazione che grava sul privato. Quest’ultimo dovrà  infatti presentare la segnalazione con le dichiarazioni sostitutive di certificati e dell’atto di notorietà (per ciò che concerne tutti gli stati) le qualità personali, e tutte le dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese ai sensi dell’ articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

Nei sessanta giorni dalla presentazione SCIA la PA potrà  fare i dovuti interventi, vietando la prosecuzione dell’attività e abolendone la valenza,  a meno che non ci si accordi con il privato in un termine non inferiore a trenta giorni. Questa facoltà dell’amministrazione è, tra l’altro, esercitabile sine die in presenza di dichiarazioni mendaci.

Nel caso della SCIA c’è la possibilità per l’amministrazione di avvalersi dell’ autotutela ex art. 21 quinuies e nonies della L. n. 241 del 1990, con un termine di sessanta giorni.

Dovrebbe essere conservata la giurisdizione esclusiva posto che, da una parte, l’art. 49 citato impone il riferimento alla SCIA in vece della DIA ovunque sia previsto dall’ordinamento previgente il ricorso al meccanismo della DIA e, dall’altro, l’art. 133 del codice del processo amministrativo fa riferimento alla DIA come materia di competenza esclusiva del GA.

Sotto il profilo della tutela del terzo, la SCIA sembrerebbe, ancor più marcatamente che la DIA, costituire atto privato a valenza non provvedimentale, sicché il terzo sarà chiamato a sollecitare l’intervento in autotutela della PA e ad agire davanti al GA in reazione all’eventuale silenzio inadempimento serbato dalla PA o al provvedimento di diniego.